Parlare di Ministeri Istituiti e di Diaconato nella nostra parrocchia è facile poiché si fa riferimento a realtà ben note e qui sperimentate, realtà che trovano la loro espressione naturale nell’ambito della comunità parrocchiale e che si caratterizzano per l’esercizio di attività strettamente legate e dipendenti da quei due tesori che la Chiesa da sempre ha in custodia: la Parola di Dio e l’Eucarestia.
Nell’Anno della Fede che è appena iniziato, siamo invitati ad ascoltare e ad accogliere Gesù, nostro fratello e nostro Signore: egli è vivo e presente in mezzo a noi, suo popolo, e la sua presenza è certa e reale proprio nei tesori della Parola e della Eucarestia. Infatti la vera Parola è la persona di Gesù vivente e la comunione più profonda con Lui avviene nella celebrazione della Eucarestia. Tutte le attività che sono richieste alla Chiesa locale e a noi singoli cristiani, come il catechismo, l’animazione liturgica, la premura verso gli ammalati e gli anziani, il sostegno ai poveri, la presenza educativa nell’oratorio, l’impegno culturale, sindacale e politico (quello onesto s’intende!), il dialogo con credenti di altre religioni e quant’altro si possa fare come discepoli del Signore (vi ricordate le opere di misericordia corporali e spirituali? Matteo 25,31-46), ha sempre una origine ed una finalità che fanno riferimento alla Parola di Dio e alla Eucarestia.
Come sappiamo bene il Lettore è orientato alla proclamazione della Sacra Scrittura e alla evangelizzazione, mentrel’Accolito si dedica alla Liturgia e alla Carità: sono due “ministeri”, cioè “servizi”, affidati a laici, a comuni fedeli,
in virtù di carismi che lo Spirito Santo dona a loro e alle comunità parrocchiali in cui questi ministeri sono fioriti.
Il Concilio Vaticano II°, iniziato esattamente 50 anni fa, ha dedicato ampio spazio della sua riflessione sull’essenza della Chiesa e sulla identità dei suoi membri, in particolare nella costituzione dogmatica Lumen Gentium. Ai laici
ha dedicato poi un decreto specifico, la Apostolicam Actuositatem, e così pure ai presbiteri e ai vescovi. Il Concilio parla poco dei diaconi ed ancor meno dei diaconi permanenti (cioè di coloro che non proseguiranno nel
presbiterato, il gradino successivo del Sacramento dell’Ordine Sacro) perché solo allora, dopo molti secoli, i tempi cominciavano ad essere maturi per ripristinare la dignità del diaconato nella Chiesa Cattolica.
I padri conciliari affermano nella Lumen Gentium (n.29): «In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani “non per il sacerdozio, ma per il servizio”. Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale,
nella “diaconia” della liturgia, della predicazione e della carità servono il popolo di Dio, in comunione col vescovo e con il suo presbiterio. È ufficio del diacono, secondo le disposizioni della competente autorità, amministrare
solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere
al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere al rito funebre e alla sepoltura. Essendo dedicati agli uffici di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito di San Policarpo: “Essere
misericordiosi, attivi, camminare secondo la verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti”».
Il diacono quindi non è più un laico, ma è “clero”, una persona consacrata con il Sacramento dell’Ordine: «L’Ordine è il sacramento grazie al quale la missione affidata da Cristo ai suoi Apostoli continua ad essere
esercitata nella Chiesa sino alla fine dei tempi: è, dunque, il sacramento del ministero apostolico». (Catechismo della Chiesa Cattolica n.1536).
Nella Chiesa il Diacono si pone al servizio della Parola di Dio e della Eucarestia in modo apparentemente simile al ministero svolto dai Lettori e dagli Accoliti, se si guarda solo a ciò che è di sua competenza (e pertanto l’istituzione
del candidato diacono a tali ministeri è una tappa nel cammino di crescita nella vocazione diaconale), ma la presenza del diacono nella Chiesa è ben diversa: è quella di un uomo su cui «il Sacramento dell’Ordine ha impresso
un sigillo (carattere) che nulla può cancellare e che lo configura a Cristo, il quale si è fatto “diacono”, cioè servo di tutti». (Catechismo della Chiesa Cattolica n.1570).
A questo insostituibile servizio ecclesiale sono stati chiamati Giuseppe e Stefano. Siamo grati a Dio di questo prezioso dono che Egli ha voluto per la comunità parrocchiale e per la diocesi di Bologna e siamo tutti invitati a
ricordarli al Signore nella nostra preghiera quotidiana, senza stancarci.
Marcello Lettore