Mercoledì 8 Febbraio, presso la nostra chiesa parrocchiale, incontro in presenza, sulla lettera pastorale di Papa Francesco Desiderio Desideravi. Don Andrea Turchini, Rettore del Seminario Regionale di Bologna e Assistente Regionale Agesci, ce la illustrerà.
L’incontro sarà anche trasmesso sul nostro canale YouTube, a favore di chi non potrà parteciparvi direttamente dal vivo.
Serata con don Andrea Turchini su DESIDERIO DESIDERAVI,
Lettera apostolica di papa Francesco sulla formazione liturgica del Popolo di Dio
Parrocchia San Vincenzo de’ Paoli, 8 febbraio 2023 – redatto da Don Paolo Giordani
Una piccola introduzione, anche storica, per l’origine di questo documento
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E’ diritto di tutti i battezzati partecipare alla Liturgia. La Liturgia appartiene alla dimensione “ludica”; ma, per “divertirsi a un gioco”, bisogna esserne competenti. Dal Concilio Vaticano II in poi, si è molto lavorato sulla riforma dei riti, ma un po’ meno sulla formazione liturgica.
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La riforma liturgica del Concilio Vaticano II (in vigore dal 1970) è solo l’ultima riforma liturgica; nella storia della Chiesa ci sono state numerose riforme, perché ogni tanto si sentiva il bisogno di ritornare alle antiche forme dei Padri. La riforma liturgica del Vaticano II, di fatto, è la più “tradizionalista” di tutte, perché va a riscoprire le tradizioni più antiche, di cui si ha coscienza solo dal Settecento. La Chiesa ogni tanti sente il bisogno di intervenire sulla Liturgia.
Monsignor Lefebvre ha generato uno scisma nel 1988 (quando ha ordinato vescovi senza il permesso del papa), di fatto non riconoscendo la riforma liturgica del Vaticano II. Ci sono stati, di fatto, vari tentativi di riconciliazione (di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI: hanno dato la possibilità di celebrare secondo il rito tridentino, ma sono tentativi che non vanno a buon fine). Il 16 luglio 2021, papa Francesco scrive la “Traditiones custodes”, in cui dichiara conclusa la concessione di poter celebrare secondo il rito tridentino, a meno di condizioni molto eccezionali.
Il 29 luglio 2022, con questo documento, papa Francesco torna sul tema della formazione liturgica del popolo di Dio, volendo porre un argine a una situazione un po’ problematica (modalità di celebrare) e recupera l’istanza della formazione liturgica.
Alcuni concetti, dal documento, che inquadrano:
n.62: “ravvivare lo stupore per la bellezza della verità del celebrare cristiano, a ricordare la necessità di una formazione liturgica autentica e a riconoscere l’importanza di un’arte della celebrazione che sia a servizio della verità del mistero pasquale e della partecipazione di tutti i battezzati, ciascuno con la specificità della sua vocazione”
n.64: “l’anno liturgico è per noi la possibilità di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo, immergendo la nostra vita nel mistero della sua Pasqua, in attesa del suo ritorno. È questa una vera formazione continua.”
Le “idee forti” di questo documento:
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Il primato di Dio: non dobbiamo mai dimenticare che tutta la vita cristiana (e la liturgia in particolare) parte dal primato dell’iniziativa di Dio. Il tema del precetto, pedagogicamente, era una possibilità interessante, ma si insiste troppo sulla responsabilità personale, come se la cosa dipendesse solo da noi; il primo cambio di mentalità è proprio questo (n.6: “Prima della nostra risposta al suo invito – molto prima – c’è il suo desiderio di noi: possiamo anche non esserne consapevoli, ma ogni volta che andiamo a Messa la ragione prima è perché siamo attratti dal suo desiderio di noi”): all’inizio c’è il Suo desiderio di noi. Questo è un primo passaggio di conversione mentale: la mia partecipazione NON parte da me, ma parte da un desiderio di Dio da cui mi lascio attrarre e coinvolgere. C’è prima di tutto una disponibilità a lasciarsi coinvolgere (“Venite qui e stiamo un po’ insieme”).
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La bellezza e lo stupore: l’esperienza liturgica è un’esperienza di bellezza. Noi siamo troppo preoccupati dei contenuti. Oggi la gente si muove, da una Messa a una altra, primariamente per i contenuti dell’omelia. La liturgia NON è un contenitore entro il quale noi comunichiamo dei messaggi. La liturgia è un’esperienza di stupore (n.25: “Lo stupore di cui parlo non è una sorta di smarrimento di fronte ad una realtà oscura o ad un rito enigmatico, ma è, al contrario, la meraviglia per il fatto che il piano salvifico di Dio ci è stato rivelato nella Pasqua di Gesù la cui efficacia continua a raggiungerci nella celebrazione dei “misteri”, ovvero dei sacramenti.”). Di fronte a Gesù, la gente rimase stupita; anche noi, attraverso i gesti, i riti, i canti, dovremmo essere capaci di vivere lo stesso stupore.
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La formazione liturgica: il papa distingue due tipi di formazione:
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Formazione alla liturgia (n.35: “capacità di comprendere i testi eucologici, i dinamismi rituali e la loro valenza antropologica”): ci sono delle conoscenze di base che occorre diffondere sempre di più. La partecipazione piena e consapevol e alla liturgia si può avere solo se c’è formazione. La liturgia ha una struttura dinamica, che è ritmata: ognuno deve sapere in quale parte della celebrazione si trova.
Es. tutte le volte in cui si dice “Il Signore sia con voi”, c’è un richiamare a una presenza nuova del Signore:
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All’inizio: siamo lì insieme, convocati
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Al Vangelo: si è in piedi, il Signore nel Vangelo ci parla
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Al prefazio: la presenza del Signore che si realizzerà nella consacrazione alle parole del celebrante, che sono pronunciate a nome di tutti
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Alla fine: la presenza del Signore si realizza nella Comunità che si appresta a tornare sulle strade del mondo
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Formazione dalla liturgia: Giovanni Paolo II scrisse l’enciclica “Ecclesia de Eucharistia”, perché la Chiesa nasce e sorge dall’Eucaristia. Lo scopo dell’Eucarestia è che noi diventiamo Cristo, “Fate questo in memoria di me”. Il frutto dell’Eucarestia è la comunione; ecco perché dobbiamo farci formare dalla liturgia, perché altrimenti ci mettiamo a compiere un rito che non ci tocca. Questo avviene di Pasqua in Pasqua, di domenica in domenica. Questo non è un fatto intellettuale, non avviene a forza di leggere dei libri, ma avviene se lasciamo che Cristo agisca nella nostra vita. Noi non possiamo uscire dalla chiesa come siamo entrati. Non è un processo mentale astratto, ma di diventare Lui (n.41: “La pienezza della nostra formazione è la conformazione a Cristo. Ripeto: non si tratta di un processo mentale, astratto, ma di diventare Lui. Questo è lo scopo per il quale è stato donato lo Spirito la cui azione è sempre e solo quella di fare il Corpo di Cristo. È così con il pane eucaristico, è così per ogni battezzato chiamato a diventare sempre più ciò che ha ricevuto in dono nel battesimo, vale a dire l’essere membro del Corpo di Cristo”). Noi siamo il sacramento di Cristo. Partecipare alla liturgia ci trasforma, cambia la nostra vita. Attraverso i Sacramenti, lasciamo che il Signore continui a agire nella nostra vita, a partire dal nostro Battesimo e finchè “Cristo sia formato in noi”. L’azione liturgica deve essere un’esperienza formativa, dev’essere fatta con cura e nel migliore dei modi possibili, perché la formazione accada anche esistenzialmente (almeno sulla lunga distanza, la persona deve sentire che sta cambiando qualcosa nella sua vita) (n.42: “Questo coinvolgimento esistenziale accade – in continuità e coerenza con il metodo dell’incarnazione – per via sacramentale. La Liturgia è fatta di cose che sono esattamente l’opposto di astrazioni spirituali: pane, vino, olio, acqua, profumo, fuoco, cenere, pietra, stoffa, colori, corpo, parole, suoni, silenzi, gesti, spazio, movimento, azione, ordine, tempo, luce. Tutta la creazione è manifestazione dell’amore di Dio: da quando lo stesso amore si è manifestato in pienezza nella croce di Gesù tutta la creazione ne è attratta. È tutto il creato che viene assunto per essere messo a servizio dell’incontro con il Verbo incarnato, crocifisso, morto, risorto, asceso al Padre.”)
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Esigenze urgenti nella formazione liturgica:
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Formazione simbolica: ciò che un tempo era chiaro, ora non lo è più. Il valore dei segni si è perso. Si possono portare alcuni gesti tipici della celebrazione anche al di fuori della celebrazione (es. i gesti di riconciliazione: portarli nella vita della famiglia, o del gruppo); ciò consente, a chi partecipa alla Liturgia, di avere l’”alfabeto” per una partecipazione (nn.45-46: “La domanda che ci poniamo è, dunque, come tornare ad essere capaci di simboli? Come tornare a saperli leggere per poterli vivere? Sappiamo bene che la celebrazione dei sacramenti è – per grazia di Dio – efficace in se stessa (ex opere operato) ma questo non garantisce un pieno coinvolgimento delle persone senza un adeguato modo di porsi di fronte al linguaggio della celebrazione. La lettura simbolica non è un fatto di conoscenza mentale, di acquisizione di concetti ma è esperienza vitale. Anzitutto dobbiamo riacquistare fiducia nei confronti della creazione. Intendo dire che le cose – con le quali i sacramenti “sono fatti” – vengono da Dio, a Lui sono orientate e da Lui sono state assunte, in modo particolare con l’incarnazione, perché diventassero strumenti di salvezza, veicoli dello Spirito, canali di grazia. Qui si avverte tutta la distanza sia dalla visione materialista sia da quella spiritualista. Se le cose create sono parte irrinunciabile dell’agire sacramentale che opera la nostra salvezza, dobbiamo predisporci nei loro confronti con uno sguardo nuovo non superficiale, rispettoso, grato. Fin dall’origine esse contengono il germe della grazia santificante dei sacramenti”)
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Silenzio: recuperare gli spazi di silenzio, che è un elemento fondamentale della celebrazione (n.52: “Non si tratta di un rifugio nel quale nascondersi per un isolamento intimistico, quasi patendo la ritualità come se fosse una distrazione: un tale silenzio sarebbe in contraddizione con l’essenza stessa della celebrazione. Il silenzio liturgico è molto di più: è il simbolo della presenza e dell’azione dello Spirito Santo che anima tutta l’azione celebrativa, per questo motivo spesso costituisce il culmine di una sequenza rituale.”)
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