“La grazia della perseveranza è la più importante di tutte; è essa che corona tutte le altre grazie”; così scriveva San Vincenzo de’ Paoli, ormai anziano, in una sua corrispondenza del 1660. Mi piace pensare che il nostro patrono, all’inizio di questo anno, ci auguri una grande perseveranza. Ma cosa significa? Di quale perseveranza abbiamo bisogno? In cosa è possibile che ci sia chiesto di “resistere”, “tenere botta”, come comunità cristiana?
Io proverei a girare il discorso, ponendo l’attenzione fuori di noi.. forse, “perseverare” non è resistere nel “fare” qualcosa o nel portare avanti dei progetti concreti; per un cristiano, è prima di tutto un non-stancarci di cercare e di accogliere ciò che ci viene donato. In ogni modo, consapevoli o meno, siamo destinatari di un amore e di una azione di Dio ben più fedeli di quanto noi possiamo immaginare; perseveranza, per noi, è allenamento a tenere il cuore aperto, gli occhi spalancati e pronti a scovare i regali che ci vengono fatti e che magari, per un filo di orgoglio o superficialità che talvolta ci chiude gli occhi, non riusciamo a scorgere.
E allora, in maniera molto grossolana, “perseveranza” fa rima con “speranza”, perché è prima di tutto una caratteristica del nostro Buon Signore, che mai si stanca di cercare di far emergere i doni che siamo, che mai si stanca di perdonare quando non viviamo nell’amore, che mai si stanca di sollecitarci a una comunione che va al di là delle emozioni o del semplice sentire. San Vincenzo lo aveva capito bene, chiediamo anche noi di poterci alimentare alla sua scuola! Che i mesi che ci stanno davanti siano vissuti con l’occhio perseverante della gratitudine!
don Paolo
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